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sabato 2 agosto 2025

Scansione dei negativi fotografici: è ancora utile o è solo una perdita di tempo?


Negli ultimi anni, la fotografia analogica ha vissuto una sorprendente rinascita. Sempre più persone, attratte dal fascino della pellicola, dal suo ritmo lento e dalla sua resa unica, stanno riscoprendo l’emozione di fotografare con mezzi tradizionali. Tuttavia, questo ritorno all’analogico si scontra inevitabilmente con una realtà profondamente digitale. Nasce così una domanda tanto diffusa quanto controversa: ha ancora senso scansionare i negativi fotografici oggi?

La risposta, come spesso accade nel mondo della fotografia, non è semplice né univoca. Anzi, apre una riflessione complessa su aspetti tecnici, pratici, economici e anche filosofici.

La scansione: ponte o barriera?

La scansione dei negativi è stata per anni il metodo principale per portare le immagini analogiche in un formato fruibile digitalmente. Che si tratti di condividerle sui social, archiviarle sul cloud, stamparle con plotter professionali o semplicemente visualizzarle su uno schermo, la digitalizzazione rappresenta un passaggio quasi obbligato per molti fotografi.

Tuttavia, oggi non mancano i segnali di insofferenza verso questo processo. Molti utenti lamentano risultati scadenti, colori alterati, contrasti non coerenti con la scena originale e una generale perdita della magia della pellicola. Le scansioni realizzate con scanner piani di fascia media, anche se comodi, spesso non riescono a restituire la profondità e le sfumature della pellicola. I laboratori professionali offrono una qualità superiore, ma a costi che possono diventare proibitivi nel lungo periodo.

Alcuni appassionati hanno abbracciato tecniche di digitalizzazione “DIY” (fai-da-te), usando fotocamere digitali ad alta risoluzione e obiettivi macro per riprendere direttamente il negativo retroilluminato. Questa soluzione può dare risultati eccellenti, ma richiede un'attrezzatura specifica, tempo e una buona dose di precisione e pazienza.

L’illusione della fedeltà

Un altro tema importante riguarda la fedeltà del risultato finale. Molti fotografi si accorgono che l’immagine digitalizzata non corrisponde mai pienamente alla visione originale della scena impressa sul negativo. I software di scansione possono interpretare in modo diverso curve tonali, colori e dettagli, e spesso è necessario un lavoro di post-produzione per ottenere un'immagine soddisfacente.

Questo porta a un paradosso: si fotografa in analogico per distaccarsi dal digitale, ma poi si torna comunque a ritoccare, calibrare e ottimizzare sul computer. La fotografia a pellicola rischia così di diventare una fase di un flusso ibrido che, in certi casi, perde la sua coerenza e unicità.

L’alternativa: la stampa come fine naturale

In questa riflessione, molti fotografi stanno riscoprendo il valore della stampa tradizionale. Stampare direttamente dal negativo in camera oscura, su carta fotosensibile, permette di restituire pienamente l’estetica analogica, senza passare per la mediazione del digitale. Questo processo, pur complesso e meno accessibile, rappresenta per alcuni il vero completamento dell’atto fotografico su pellicola.

La stampa richiede tempo, abilità manuale e uno spazio dedicato, ma restituisce una relazione più intima con l'immagine, fatta di scelta, tentativi, imperfezioni e tattilità. Non è un caso che molti fotografi definiscano la camera oscura come un luogo meditativo, in cui la fotografia si rivela nella sua forma più pura e artigianale.

Una scelta personale, non un dogma

Scansionare i negativi oggi non è né giusto né sbagliato. Dipende da cosa cerca ogni fotografo. Se l'obiettivo è condividere, archiviare, o lavorare in digitale, la scansione rimane una tappa utile e, in certi contesti, necessaria. Ma se si persegue la coerenza con il processo analogico, si può tranquillamente rinunciare alla digitalizzazione e orientarsi verso una stampa fisica, magari con il proprio ingranditore, oppure affidandosi a laboratori specializzati.

Ciò che conta è essere consapevoli delle scelte che si compiono. La fotografia, sia essa analogica o digitale, resta un linguaggio espressivo. E ogni linguaggio merita il suo tempo, la sua cura e la sua coerenza.

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giovedì 22 maggio 2025

La società sotto assedio: come la manipolazione dell’informazione minaccia la democrazia

Uno dei meccanismi più efficaci alla base della diffusione delle fake news consiste nell’uso strategico di contenuti emotivamente coinvolgenti. La paura, la rabbia e l’indignazione sono emozioni potenti che, quando stimolate da notizie bufala o vittimizzanti, portano le persone a condividere senza alcuna verifica, amplificando così il senso di crisi e incertezza collettiva. La loro natura sensazionalistica rende impossibile distinguerle dalla verità oggettiva, generando un effetto di cortocircuito cognitivo che può mettere in discussione fatti storici consolidati, dati scientifici e decisioni politiche condivise.

Il ruolo delle multinazionali del web e dei social media in questa dinamica non si può sottovalutare. La velocità di diffusione delle informazioni, associata all’algoritmo ottimizzato per favorire i contenuti più condivisi, favorisce la collisione tra verità e menzogna. Alimentare i pregiudizi e rafforzare le divisioni sociali emerge come uno degli obiettivi preferiti da chi manipola la percezione pubblica. 

In questo scenario complesso, la manipolazione si traduce anche in un’alterazione della percezione collettiva della realtà e dei fatti. La capacità di discernere tra informazione autentica e manipolata viene progressivamente appannata, creando un ambiente nel quale le scelte politiche si muovono sulla base di dati distorti o parziali. La mobilitazione delle masse, in un contesto di disinformazione, può essere veicolata con grande facilità attraverso campagne apparentemente innocenti ma in realtà orientate da algoritmi e interessi esterni, affinché la diffusione di un messaggio si traduca in un consenso manipolato e acritico.

La pericolosità di questo fenomeno emerge chiaramente quando le false notizie entrano nel dibattito pubblico e influenzano le decisioni di governo o di cittadini. La diffusione di fake news può alterare le dinamiche dell’elezione, compromettere la fiducia nelle istituzioni e interferire con processi democratici fondamentali. Ricorrendo a strategie di disinformazione ben studiata, alcune entità hanno dimostrato come sia possibile inserire nella discussione pubblica argomentazioni fallaci o semplificazioni volute per indirizzare l’opinione pubblica in direzioni favorevoli. Le fake news utilizzano principalmente le emozioni forti per catturare l’attenzione e propagarle più rapidamente di quanto si possa controllare.

Per fronteggiare questa minaccia, sono state sviluppate molteplici metodologie: dalla verifica dei fatti attraverso piattaforme come Pagella Politica o Open Online, all’educazione digitale rivolta a sviluppare spirito critico tra gli utenti. Un’attitudine preventiva consiste nel verificare sempre la provenienza delle notizie, confrontare le fonti e diffidare di titoli sensazionalistici o di contenuti troppo “perfetti” per essere autentici. La diffidenza nei confronti di contenuti non verificati, unita all’uso di strumenti di fact-checking, rappresenta oggi un’arma indispensabile nella difesa contro la disinformazione.

Eppure, la responsabilità non può essere delegata esclusivamente alle piattaforme digitali o alle istituzioni. La partecipazione attiva e consapevole di ogni individuo si configura come elemento cruciale nella lotta contro la manipolazione dell’informazione. Educare alla corretta fruizione delle notizie costituisce un meccanismo di protezione collettiva, favorendo la creazione di un’atmosfera nel quale il dibattito e il confronto pubblico possano svilupparsi su basi solide, evitando che illusioni o falsità si infiltrino nel tessuto sociale.

Essere cittadini informati, critici e attenti comporta anche la condivisione esclusivamente di contenuti verificati, un atteggiamento che nel tempo può contribuire a ridimensionare il fenomeno delle fake news. La sensibilizzazione circa le implicazioni di una diffusione imprudente di notizie false si traduce in una responsabilità condivisa, capace di rafforzare la qualità dell’informazione e, di conseguenza, consolidare i principi fondamentali della democrazia. Non si tratta più di un problema marginale, ma di una sfida imprescindibile per la tenuta stessa del tessuto sociale e istituzionale di ogni democrazia avanzata.

martedì 25 marzo 2025

Autonomia Tecnologica Europea: Tra Indipendenza Strategica e Rischio di Isolamento


L'ambizione dell'Europa di raggiungere l'autonomia tecnologica è diventata un tema centrale nel dibattito politico ed economico degli ultimi anni. La crescente consapevolezza delle vulnerabilità derivanti dalla dipendenza da fornitori esterni, soprattutto in settori strategici come i semiconduttori e l'intelligenza artificiale, ha spinto il Vecchio Continente a rivedere le proprie politiche industriali. Tuttavia, la ricerca di indipendenza solleva interrogativi cruciali: fino a che punto è lecito isolarsi per garantire la sicurezza e la sovranità tecnologica?

L’autonomia tecnologica non si traduce semplicemente nella capacità di produrre hardware o software all'interno dei confini europei. Implica un ecosistema completo, dalla ricerca fondamentale alla produzione industriale, passando per lo sviluppo di competenze specialistiche e la creazione di un mercato interno dinamico. L'obiettivo è ridurre la dipendenza da attori esterni, come gli Stati Uniti con le sue Big Tech e la Cina con il suo approccio aggressivo all’innovazione, rafforzando al contempo la sicurezza strategica dell’Europa. Questo si traduce in una maggiore resilienza di fronte a potenziali crisi geopolitiche o interruzioni delle catene di approvvigionamento.

Tuttavia, l'eccessiva focalizzazione sull'autosufficienza presenta rischi significativi. Un approccio troppo protezionistico potrebbe soffocare l’innovazione, limitando l'accesso a tecnologie all'avanguardia e impedendo la collaborazione con partner internazionali. La storia ci insegna che i progressi tecnologici più significativi sono spesso nati da scambi di conoscenze e competenze tra diverse culture e nazioni. Un'Europa chiusa a riccio rischia di perdere il treno dell’innovazione, compromettendo la sua competitività globale.

La sfida principale è trovare un equilibrio delicato. L'autonomia non deve essere interpretata come una barriera all'interscambio tecnologico, ma piuttosto come un motore per lo sviluppo di capacità strategiche e la promozione di standard europei in settori chiave. Questo richiede investimenti massicci nella ricerca e nello sviluppo, il sostegno alle startup innovative e la creazione di un ambiente normativo favorevole all’innovazione.

Un elemento cruciale è anche la formazione di capitale umano specializzato. La carenza di talenti nel settore tecnologico rappresenta un ostacolo significativo alla crescita dell'industria europea. È necessario incentivare gli studenti a intraprendere percorsi di studio in discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e attrarre professionisti qualificati da tutto il mondo.

La collaborazione internazionale rimane fondamentale anche nel percorso verso l’autonomia tecnologica. L'Europa può beneficiare enormemente dalla cooperazione con altri paesi che condividono i suoi valori e la sua visione del futuro digitale, come il Canada o il Giappone. La creazione di standard comuni e la condivisione di conoscenze possono accelerare lo sviluppo tecnologico e promuovere un ecosistema globale più resiliente.

In conclusione, l'autonomia tecnologica europea è un obiettivo complesso che richiede una strategia equilibrata e lungimirante. Non si tratta di isolarsi dal mondo, ma di rafforzare le proprie capacità strategiche, promuovere l’innovazione interna e collaborare con partner internazionali per affrontare le sfide del futuro digitale. Solo così l'Europa potrà garantire la sua prosperità e il suo ruolo di protagonista nel panorama tecnologico globale.

giovedì 9 gennaio 2025

Ecco come DeepSeek vede il futuro del mondo

Abbiamo chiesto a DeepSeek come vede il futuro del mondo. DeepSeek è una startup cinese che ha recentemente guadagnato attenzione per il suo modello di intelligenza artificiale open-source, DeepSeek-V3. Questo modello è stato progettato per competere con i più noti sistemi di AI, come ChatGPT di OpenAI, e si distingue per le sue prestazioni superiori e la sua architettura innovativa. Ed ecco cosa ci ha risposto:

Il futuro del mondo è un tema complesso e le previsioni possono variare a seconda delle tendenze attuali e delle scelte che faremo come società. Tuttavia, posso offrire una visione generale basata sulle tendenze attuali.

1. Avanzamenti Tecnologici:

Intelligenza Artificiale (AI): L'IA continuerà a svilupparsi rapidamente, influenzando molte aree della vita, comprese la medicina, l'agricoltura, la finanza e il lavoro. Potrebbe portare a una maggiore automazione, ma anche a nuove opportunità e soluzioni per problemi globali.

Tecnologie di Energia Rinnovabile: La transizione verso fonti di energia rinnovabile come il sole, il vento e l'idrogeno verde diventerà sempre più importante, soprattutto nel contesto del cambiamento climatico.

Biotech e Medicina: Progressi nella genetica, nella terapia genica e nella medicina personalizzata potrebbero portare a cure più precise e a una maggiore longevità.

2. Cambiamento Climatico:

Impatti Significativi: Il cambiamento climatico continuerà a influenzare il nostro pianeta, con eventi climatici estremi, inondazioni, siccure e l'innalzamento del livello del mare. La comunità internazionale dovrà affrontare questi sfide in modo coordinato.

Soluzioni Sostenibili: Si prevede un aumento dell'adozione di pratiche sostenibili, come l'agricoltura ecologica, la gestione delle risorse idriche e la riduzione delle emissioni di CO2.

3. Crescita Popolazione e Scarsità delle Risorse:

Popolazione: La popolazione mondiale continuerà a crescere, soprattutto in alcune regioni in via di sviluppo, creando pressioni sulla disponibilità delle risorse.

Gestione delle Risorse: La gestione sostenibile delle risorse naturali, come l'acqua, la terra agricola e i minerali, diventerà sempre più importante per garantire la sicurezza alimentare e l'accesso alle risorse.

4. Disuguaglianze Sociali:

Divario Sociale: Le disuguaglianze economiche e sociali potrebbero aggravarsi, soprattutto se non si adottano politiche mirate per ridurre la povertà e promuovere l'istruzione e l'occupazione.

Mobilità Sociale: Le opportunità per la mobilità sociale potrebbero diminuire in alcune parti del mondo, creando tensioni sociali.

5. Cambiamenti Politici e Geopolitici:

Cooperazione Internazionale: La cooperazione tra paesi diventerà sempre più importante per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la sicurezza cyber e la salute pubblica.

Rischi Geopolitici: Le tensioni tra le potenze mondiali potrebbero aumentare, soprattutto in merito alla competizione per le risorse e alle questioni di sicurezza.

6. Cambiamenti Culturali:

Globalizzazione Culturale: La globalizzazione culturale continuerà a influenzare le tradizioni e le culture locali, portando a una maggiore mescolanza e ad un maggiore scambio culturale.

Preservazione delle Culture: Ci saranno sforzi per preservare le culture indigene e le tradizioni locali in un mondo sempre più globalizzato.

7. Salute Pubblica:

Pandemie e Nuove Malattie: La possibilità di future pandemie o nuove malattie emergenti rimane alta, richiedendo una preparazione e una risposta rapida a livello globale.

Istruzione Sanitaria: L'istruzione e l'accesso alle cure mediche diventeranno sempre più importanti per garantire la salute delle popolazioni.

8. Educazione e Lavoro:

Educazione On-line: L'istruzione on-line e le piattaforme di apprendimento continuo diventeranno sempre più popolari, offrendo opportunità di formazione a livello globale.

Lavoro del Futuro: Molti lavori attuali potrebbero essere automatizzati, creando la necessità di nuove competenze e di una formazione costante per rimanere competitive sul mercato del lavoro.

9. Etica e Valori:

Questioni Etiche: Le questioni etiche legate alla tecnologia, come la privacy, l'IA e la bioetica, diventeranno sempre più importanti e richiederanno una riflessione approfondita.

Valori Sociali: I valori sociali e le priorità della società potrebbero evolvere in risposta ai cambiamenti tecnologici e ambientali.

10. Sviluppo Sostenibile:

Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (ODS): I paesi potrebbero continuare a lavorare per raggiungere gli ODS, promuovendo la povertà, la salute, l'istruzione e la protezione ambientale.

Economia Circolare: La transizione verso un'economia circolare, con un minor consumo di risorse e una maggiore riciclo, potrebbe diventare una priorità per molte economie.

Conclusioni:

Il futuro del mondo dipenderà dalle scelte che faremo oggi. Se affronteremo le sfide globali con determinazione e collaborazione, potremmo creare un futuro più sostenibile, equo e prospero. Tuttavia, se non prendiamo le misure necessarie, potremmo affrontare gravi problemi ambientali, sociali e economici. La chiave è l'adattabilità, l'innovazione e la collaborazione a livello globale



venerdì 26 luglio 2024

Disuguaglianza e libertà: il mito della meritocrazia e l'enigma del consenso

Non esiste la libertà se non c'è una quota adeguata di uguaglianza. Nel 2021, la pandemia ha accentuato le disuguaglianze: l'1% della popolazione più ricca ha accaparrato il 63% dell'incremento globale della ricchezza, concentrato principalmente nei settori energetico e alimentare. La Banca Mondiale descrive questo fenomeno come l'aumento più grande della disuguaglianza del dopoguerra. Se la disuguaglianza cresce, non esiste libertà. Cos'è l'enigma del consenso? Se i ricchi diventano sempre più ricchi e sono sempre di meno, mentre i poveri diventano sempre più poveri e sono sempre di più, perché non si ribellano? La psicologia sociale parla di miti di legittimazione, il più potente dei quali è il mito della meritocrazia. Pensare che coloro che dominano economicamente e politicamente se lo meritano è un pensiero da schiavi. L'idea di merito ha un successo straordinario perché è socialmente utile. Chi sta in alto, chi è ricco, tace la propria coscienza dicendo che i poveri sono pigri, arrivando fino alla deumanizzazione. Il mito della meritocrazia funziona anche per i poveri, riducendo la loro frustrazione: alla fine, pensano di essersi meritati il loro posto. Nel 2006, al primo Festival dell'Economia a Trento, il grande economista Anthony Atkinson disse che la libertà richiede l'accesso a una quota adeguata di risorse che preservi dall'esclusione sociale. Se la disuguaglianza aumenta, la libertà non esiste. L'esercizio della libertà richiede solidarietà, sia all'interno degli stati che tra stati. In quell'occasione, Atkinson usò un'immagine efficace: in una processione ideale in cui le persone fossero ordinate per altezza proporzionale alla loro ricchezza, il 17% degli italiani avrebbe dovuto camminare a testa in giù per quanto erano poveri. Nel contesto italiano del 2006, Berlusconi avrebbe dovuto mettersi disteso per coprire la distanza da Trento a Verona, un'immagine che evidenziava la sproporzione della ricchezza. Dal 2006, la disuguaglianza è aumentata, con due crisi finanziarie che l'hanno aggravata. L'ultimo rapporto di Oxfam Italia, "La disuguaglianza non conosce crisi", evidenzia che nel biennio 2021-2022, l'1% più ricco ha assorbito il 63% dell'incremento della ricchezza globale. La disuguaglianza legata ai settori energetico e alimentare fa sì che 820 milioni di persone soffrano la fame, con un aumento della disuguaglianza mai visto dal dopoguerra. La psicologia sociale si interroga sul perché i poveri non si ribellano, rispondendo che esistono meccanismi di consenso basati su miti di legittimazione, come il mito della meritocrazia. Questo mito è funzionale al sistema perché chi è ricco può giustificare la propria posizione, mentre i poveri riducono la propria frustrazione accettando la propria condizione come meritata. Tuttavia, il merito è una parola potente, utilizzata per giustificare disuguaglianze strutturali. Gli inglesi parlano di working class, middle class e upper class, suggerendo una mobilità sociale che non esiste realmente. La meritocrazia, nel suo senso confuso, è socialmente utile perché aiuta a tacitare le coscienze e a giustificare la disuguaglianza. Le parole hanno un potere enorme: cambiare "tassa di successione" in "tassa di morte" ha permesso di eliminare una tassa sui patrimoni elevati, mostrando come il linguaggio possa influenzare la percezione pubblica. Nella nostra Costituzione, l'articolo 34 parla del diritto allo studio, garantendo che anche chi non ha mezzi possa studiare, ma i finanziamenti per il diritto allo studio sono stati ridotti nel tempo. La scuola è il più grande strumento di uguaglianza, ma deve affrontare sfide continue. Le parole guidano la nostra comprensione della realtà e possono creare o distruggere opportunità. La cultura è lo strumento principale per uscire dalla disuguaglianza, ma senza una quota adeguata di risorse, non c'è libertà. Le tre parole della Rivoluzione francese, liberté, égalité, fraternité, rimangono fondamentali, ma la fraternità è la nuova frontiera dell'umanità, come ha affermato Papa Francesco. Senza fraternità, non possiamo affrontare le disuguaglianze e costruire una società giusta. La fratellanza è un'esperienza di condivisione e di limite, un concetto che va oltre la semplice uguaglianza e libertà. Il valore della fratellanza è essenziale per cambiare il mondo, un passo alla volta, attraverso azioni politiche che migliorano la società e attraverso gesti di umanità che fanno la differenza.

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lunedì 1 luglio 2024

Dario Fabbri: La Fine dell'Impero Americano?

Dario Fabbri ci guida attraverso un'analisi approfondita della situazione americana contemporanea, delineando quattro fattori principali che contribuiscono alla depressione degli Stati Uniti: delusione profonda, fatica intensa, schizofrenia culturale e senso di minaccia interna. Questi fattori emergono dalla scoperta che l'americanizzazione del mondo non è stata accolta come previsto, generando un dibattito interno su come procedere. Alcuni americani pensano che sia giunto il momento di abbandonare l'impero e chiedere scusa al mondo, puntando sulla qualità della vita.

La cosiddetta ideologia del Wok e la cultura della cancellazione derivano da questo desiderio di scuse e rinnovamento, ma potrebbero portare a un collasso interno se le due Americhe, reagendo in maniera opposta, continueranno a scontrarsi. Il mondo non riconosce più gli Stati Uniti come un unico blocco, ma come una nazione divisa e complessa.

Gli Stati Uniti, un tempo visti come la mamma o il papà dell'Occidente, sono oggi il nostro punto di riferimento strategico. Tuttavia, l'America che vediamo è in una fase critica, complicata dalle elezioni presidenziali e dalle crescenti tensioni interne. Comprendere questa fase è cruciale per le nostre vite quotidiane, poiché le decisioni americane influenzano direttamente le nostre esistenze. Non è un argomento astratto, ma una questione di storia viva e geopolitica umana.

Utilizzando l'esempio della Russia, Fabbri sottolinea come valutiamo spesso altre nazioni con categorie che non riconoscono. Gli americani hanno cercato di mantenere un ordine egemonico globale, un compito impossibile dato l'enorme crescita demografica mondiale. Questo sforzo ha portato alla depressione quando hanno realizzato che il mondo non desiderava essere americanizzato.

Le guerre al terrorismo nei primi anni 2000 hanno ulteriormente evidenziato questa disconnessione, con soldati americani che si aspettavano di essere accolti come liberatori, ma che invece hanno trovato resistenza e incomprensione. La visione degli americani come salvatori non corrispondeva alla realtà sul campo.

La Russia viene spesso giudicata con criteri occidentali, ma le categorie usate per valutarla non hanno valore per i russi, che non si riconoscono in queste misure. Gli Stati Uniti, pur essendo ancora la prima potenza del pianeta, si trovano in difficoltà nel mantenere il controllo globale da soli, una situazione che ha contribuito alla loro attuale depressione.

Gli Stati Uniti sono un impero con un ordine egemonico in testa, ma il divario tra la loro auto-rappresentazione e la realtà ha generato un malessere profondo. Durante la guerra al terrorismo, gli americani hanno capito che il mondo non desiderava essere americanizzato, portando a una crisi di identità e depressione. La percezione del mondo non corrispondeva alla realtà sul campo, e questo ha portato a un malessere che si è acuito negli ultimi anni.

Le tensioni interne sono evidenti, con una divisione tra le coste, che tendono verso il post-storicismo e la qualità della vita, e l'entroterra, che si sente minacciato dagli immigrati e dalla perdita di potere. Gli Stati Uniti, da sempre un paese di immigrati, vedono oggi una crescita degli ispanici, una dinamica che spaventa la popolazione bianca anglo-germanica.

Questa paura si riflette nelle politiche di figure come Trump, che ha capitalizzato sul malcontento di una parte della popolazione americana. La retorica di Trump non è nuova, ma riflette un sentimento diffuso di insicurezza e resistenza al cambiamento demografico e culturale. Gli americani si sentono minacciati all'interno della propria nazione, una situazione che esacerba la loro depressione.

Le due Americhe, divise tra le coste e l'entroterra, reagiscono alla depressione in modi opposti, generando scontri interni. La costa atlantica e quella pacifica si identificano con una visione più simile a quella dell'Europa occidentale, puntando sulla qualità della vita e la fine della storia. Al contrario, l'entroterra vede gli immigrati come una minaccia al loro stile di vita e potere interno.

Il malessere americano è profondo e complesso, con implicazioni globali. La percezione del potere e la realtà si scontrano, generando una crisi di identità e una profonda depressione. Gli Stati Uniti sono un impero in crisi, e il loro futuro è incerto. Dario Fabbri ci invita a riflettere su queste dinamiche, cruciali per comprendere non solo il presente americano, ma anche il nostro ruolo nel mondo influenzato da queste dinamiche.

domenica 14 gennaio 2024

Navigando tra Difesa e Diplomazia: Riflessione sul Conflitto in Yemen

La recente escalation militare nello Yemen, con gli Stati Uniti che hanno intensificato i loro raid aerei contro i ribelli Houthi, porta con sé una riflessione profonda sulla complessa tessitura del conflitto e le sue implicazioni a livello internazionale. Nel mio percorso di vita, ho sempre cercato di comprendere il delicato equilibrio tra difesa della sicurezza e rispetto per la sovranità altrui, una tensione che si manifesta con forza in quest'ultima vicenda.

Gli Houthi, gruppo sciita filo-iraniano, sono stati presi di mira in risposta agli attacchi contro navi mercantili nel Mar Rosso. È chiaro che la difesa delle vie commerciali e la protezione delle vite innocenti sono di fondamentale importanza. Tuttavia, mentre gli Stati Uniti descrivono i loro interventi come "necessari" e "proporzionati", non posso fare a meno di chiedermi: dove si traccia la linea tra azione difensiva e aggressione?

La situazione in Yemen è un crogiolo di tensioni regionali e internazionali, con la presenza di attori come l'Iran e la Russia, che contribuiscono a una narrazione più ampia di potere e influenza.

Le azioni degli Stati Uniti in Yemen non sono solo un messaggio a un gruppo ribelle, ma anche una dichiarazione agli alleati e agli avversari in tutto il mondo. È importante considerare le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni, un principio che dovrebbe essere applicato anche nella politica internazionale.

La diplomazia deve giocare un ruolo fondamentale in situazioni come questa. Il conflitto in Yemen, con le sue radici complesse e le molteplici sfaccettature, richiede una soluzione che vada oltre la forza militare. È necessario un dialogo costruttivo che coinvolga tutte le parti interessate, inclusi gli attori regionali come l'Arabia Saudita e l'Iran, per trovare una strada verso la pace.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare la tragica realtà umanitaria che si sta svolgendo in Yemen. Le azioni militari, anche se intese come difensive, hanno inevitabilmente un impatto sulle persone innocenti colpite dal conflitto. Come qualcuno che crede profondamente nel valore di ogni vita umana, vedo questa come la più dolorosa e tragica conseguenza della guerra.

Mentre gli Stati Uniti continuano a navigare in acque turbolente, è essenziale che si ricordino le lezioni della storia e della sensibilità umana. La soluzione in Yemen non può essere trovata solo nei cieli attraverso raid aerei; deve emergere attraverso un impegno sincero per la pace, il dialogo e la comprensione. La vera forza di una nazione si rivela non solo nella sua potenza militare, ma nella sua capacità di promuovere e sostenere la pace. La speranza per lo Yemen, e per il mondo intero, risiede nella nostra capacità di ascoltare, imparare e costruire ponti, non muri.

Stefano Terraglia

domenica 17 ottobre 2021

La perdita della ragione

Mi risulta difficile credere che vi sia ancora un'insana minoranza che spende il proprio tempo per partecipare a manifestazioni che inneggiano al non vaccinarsi e a trasgredire le regole comportamentali nel contesto di questa grave pandemia. Mi risulta ancora più difficile giustificare che queste persone accettino di essere affiancate da gruppi di estrema destra che per loro natura simpatizzano con periodi storici di totale assenza di libertà. Credo che tutte queste manifestazioni siano l'esplosione dell'ignoranza fondamentale, tra l'altro alcuni noti giornalisti hanno evidenziato molto bene il profilo di gran parte di questi personaggi che partecipano a questi eventi insensati. Persone che non sanno mettere due parole insieme, che hanno costruito le loro convinzioni attraverso la visualizzazione di un eccessivo numero di video pubblicati sui social dove, purtroppo anche qualche uomo di scienza, ha scelto di rendersi schifosamente visibile demolendo proprio quei valori che invece andavano difesi. I no vax, i no green pass, i no tutto...fenomeni perversi e marci di una società senza alcun ideale, dove consumismo, noia, sonno e narcosi hanno determinato purtroppo questa sindrome che di fatto è pericolosa quasi quanto la pandemia. Il riferimento più reclamato da questi abbrutiti è la libertà, la libertà di poter fare quello che gli pare, di rifiutare il vaccino a tal punto da perdere persino il posto di lavoro, le amicizie, il consenso. Una vera e propria comunità di idioti, che non comprendono l'importanza del vivere civilmente come cittadini, come uomini. Parlare di libertà quando loro, per primi, con il loro rifiuto a vaccinarsi contribuiscono ad ostacolare il contenimento della pandemia è un paradosso, come paradosso è l'intenzione di farne una bandiera quasi politica, sfidando persino l'ampia maggioranza di persone che hanno scelto la ragionevolezza. Ritrovarli poi, da non vaccinati, a pesare sul sistema sanitario e in alcuni casi a lottare tra la vita e la morte affetti dalle varianti più pericolose del Covid è ingiustificabile e per quel che mi riguarda non mi restituiscono compassione, ma rabbia. Da sanitario adempio in silenzio al mio dovere trattando ognuno di questi scellerati come qualsiasi altro paziente, ma dentro di me non riesco a risolvere, a metabolizzare, a comprendere. Mi viene da pensare ai popoli poveri di gran parte del mondo, di cui nessuno parla, dove la pandemia da Covid-19 ancora oggi produce migliaia di morti, laddove la copertura vaccinale scarseggia per svariati motivi politici ed economici. Mi viene da pensare che la libertà di informarsi, di esprimere le proprie idee sui social, di poter manifestare liberamente siano conquiste immeritate e sostengo che ci vorrà tanto tempo ancora affinché l'uomo riesca a distinguere in maniera inequivocabile la ragione dalla follia. Ma soprattutto mi auspico che l'umanità riesca a riconquistare gli spazi sociali tangibili, perché probabilmente il vivere dietro uno schermo ad alcuni ha distorto la realtà delle cose.

Stefano Terraglia

martedì 3 agosto 2021

Il declino dell'informazione - Podcast

Nuova puntata speciale cavalcando una mia riflessione sul motivo per il quale l'informazione, ad oggi, è sempre meno garanzia di verità. Dopo la politica anche la scienza è diventata motivo di discussione a tal punto che gli stessi principi iniziano ad essere contestati e talvolta manipolati.

 

venerdì 27 novembre 2020

Disorientare pensieri orientati - Podcast

l gioco di parole del titolo di questo episodio vuole semplicemente indicare un tema molto importante: la capacità della politica di inoculare, tramite i social, concetti disorientanti al fine di pilotare l'orientamento della gente e trarne consenso. 

venerdì 30 ottobre 2020

Verso il controllo totale - Podcast

Nel 2050 saremo quasi dieci miliardi di persone su questo pianeta. Come affrontare, povertà, dissensi e tutto ciò che potrebbe essere legato all'aumento costante della popolazione? 

mercoledì 7 novembre 2018

Famiglia Di Maio, ennesimo attacco giornalistico

L'articolo comparso su Repubblica il 7 di novembre 2018 tira in ballo la famiglia del vice premier. Secondo il quotidiano il padre di Luigi Di Maio avrebbe sanato 150 metri quadri di casa tramite un condono ottenuto in passato. Il vice premier chiarisce con un video condiviso su Facebook

sabato 27 ottobre 2018

Carlo Botta, deep state italiano e servizi segreti

Un'opinione interessante da seguire attentamente relativa a diverse incongruenze italiane relative al potere politico e istituzionale.

Il bombardamento mediatico sulle scelte dei popoli sovrani

L'impedimento preoccupante di questo paese è l'impossibilità di cambiare lo stato di cose, il muro che qualsiasi idea incontrerà ogni volta. Ogni forza politica, di destra, di sinistra, populista o non populista che si propone o si proporrà per un cambiamento importante, in questo paese, come del resto in tutto il mondo occidentale, non troverà mai una porta aperta. Il vero governo, a quanto pare, non è nella scelta politica dei popoli sovrani, ma nelle roccaforti del sistema mondiale, nell'enorme e inespugnabile cabina di regia che regola il divenire di ogni paese del mondo. Non era così nel passato, i tempi non erano maturi per una concreta amministrazione in tempo reale degli eventi, spesso qualche paese sfuggiva al controllo instaurando un vero e proprio cambiamento, in bene o in male. Oggi è molto difficile, occorrerebbe un insediamento capillare, una rete di opposizione immensa che non potrebbe sfuggire a sua volta al controllo del potere. La tecnologia ha permesso di accelerare i tempi di elaborazione decisionale delle misure di sicurezza con la manipolazione globale dei mezzi di informazione, delle agenzie di rating, delle agenzie di intelligence, degli eserciti. Tutto questo è finanziato dai paesi più industrializzati dove vi è più accesso a capitali e privilegi. Sfondare roccaforti del genere è difficilissimo, paradossalmente potremmo paragonare il tutto al tentativo di sfondare le mura di un castello medievale imponente. Nel mondo moderno le antiche mura e le roccaforti sono rappresentate dall'economia, dal finanziamento, dall'energia e da tutto ciò che occorre per alimentare lo stato di cose presenti. Adesso assistiamo ad un bombardamento senza precedenti verso la scelta politica della maggioranza dei cittadini italiani, verso una scelta democratica, verso una maggioranza scomoda, in quanto punta direttamente a disarticolare la prassi di sistema, le consuetudini obsolete nelle quali ogni privilegio trovava un buon terreno di coltura. Ecco così si spiega l'attuale bombardamento mediatico verso la scelta politica di un popolo sovrano.

Stefano Terraglia

mercoledì 12 settembre 2018

L'Europa imbavaglia la rete

La direttiva del bavaglio alla rete è stata approvata a Strasburgo. I signori dei giornali e della televisione che si sono sempre creduti vangelo dell'informazione, avendo progressivamente perso lettori e spettatori a causa del pattume che spesso propongono, approvano una direttiva che impone una tassa sulla condivisione dei contenuti in rete. In pratica, social, blog, video sharing, dovrebbero pagare una tassa ogni volta che un utente condivide, E NON COPIA, un post di un giornale, un trafiletto, un articolo e così via, ma anche foto, video, contenuti audio e così via, rendendo praticamente impossibile ogni sorta di commento al riguardo. Vogliono essere corrisposti, perché la condivisione per loro significa copiare un contenuto, quando si sa per certo che il codice è quello della loro pagina. Vogliono guadagnare dai links perché chiaramente nessuno compra più un giornale o siede tutte le sere davanti al TG di regime. Un vero e proprio bavaglio, un tentativo di minare la rete. Rischieremo pian piano di avere limiti sempre più evidenti, perché chiaramente la rete fa paura. Si stropicceranno le mani i padroni dell'informazione, padroni di RAI, Sky, Repubblica e tutto ciò che ancora gira intorno a quella minoranza che, nonostante in Italia abbia una percentuale ridicola di consenso, continua ancora ad imperare. Questi quatto gatti ci provano con l'Europa con l'appoggio di Macron e Merkel, facendo passare direttive imbavaglianti, distruggendo conseguentemente le fondazioni libere ed eccellenti come ad esempio l'opera di Wikipedia che rischia di chiudere. Come del resto ci abbandoneranno tutti i social network che con questa misura saranno costretti a pagare i diritti alla fonte principale di ogni link condiviso.

Stefano Terraglia

domenica 2 settembre 2018

Patetici ritorni

Mi dispiace che molti nostalgici, e li capisco perché in parte lo sono anche io, abbiano da meravigliarsi di questo nuovo mondo e del degrado culturale nel quale si è infognato. La rete, i social network, il bla bla bla di ogni singolo povero cristo intrappolato nel concetto di condivisione, la politica sempre più contraddittoria, ma soprattutto l'ingenuità di ognuno di noi che a sua insaputa diventa membro di una schedatura mondiale passiva regalando al potere ogni nostra singola scorreggia. E' così e non possiamo farci niente se non decidere di uscire, ma ciò renderebbe ancor più oscurata la nostra partecipazione attiva al movimento di idee che oggi regola il pensiero collettivo. Non esistono alternative, in quanto le piazze sono costantemente monitorate da sistemi tecnologici che permettono l'individuazione di ogni singolo focolaio di resistenza violenta. E non è detto che le voci non possano essere progressivamente oscurate con il controllo e di conseguenza la limitazione della libertà di espressione sulla rete. Quindi i nostalgici non possono esemplificare le nuove strade da percorrere facendo riferimento alle lotte che furono, sarebbe come pretendere di cercare di alimentare a carbone una moderna utilitaria. Tutto il divenire dovrà essere nuovo, originale, affinato ed adattato ai nuovi tempi. Noi nel nostro progressivo invecchiamento possiamo soltanto ricordare e fare tesoro storico di ciò che è stato, dobbiamo prepararci alle novità più che alle repliche. Non ci sarà un altro fascismo, un altro comunismo, un nuovo sessantotto, ma ci saranno novità assolute e proprio perché avranno caratteristiche profondamente differenti dal passato, ci coglieranno, se saremo ancora vivi, di sorpresa. Mi eccita molto di più immaginare cosa sarà che auspicarmi patetici ritorni. 

Stefano Terraglia

domenica 19 agosto 2018

Cronostoria di una colpa

L'italia uscì disfatta dalla seconda guerra mondiale, i partigiani e gli anglo americani liberarono l'Italia, cadde la monarchia e nacque l'Italia repubblicana. Chapeau a chi ha combattuto. Finita la guerra, seppur ancora in povertà, ma chiaramente in sicurezza, la gente iniziò a partorire figli, che durante la ricostruzione crebbero un po' tra le macerie e un po' tra i cantieri. I loro padri negli anni 50 erano ancora in piazza a combattere per i diritti sul lavoro e a disarticolare i rimanenti stralli che ancoravano lo stato sociale al vecchio regime. Arrivarono gli anni sessanta, ripulite le macerie e lottizzati i terreni agricoli, iniziò lo tsunami del cemento. Palazzoni, automobili e lavoro per tutti. I ragazzi nati nel dopoguerra erano diventati tutti giovanotti, figli di uno stato sociale solido, con le loro scuole, le loro fabbriche, la loro Lambretta. I loro padri con la 500, la 600, l'850 ed il borghese con la 1100. Classificati, tutti. Poi arrivò il 68, esplose la contestazione, generata dall'onda nata sulle spiagge del benessere (California) e non certo dalla fabbriche...scontri tra manifestanti e poliziotti, tra ricchi e poveri insomma. Dal cazzeggiamento borghese, successivamente, arrivarono anche gli anni di piombo, dove un manipolo di illusi, uccidendo degli innocenti senza alcun potere esecutivo, volevano fare la lotta per il comunismo, cagati zero persino dall'Unione Sovietica. Poi arrivarono gli anni 80, il culmine, la Milano da bere, il socialismo Craxiano, l'arrivismo, poi gli anni novanta con Berlusconi....insomma i giorni di oggi. Morale della favola? Noi siamo quella generazione, che per la prima volta dal dopo guerra stiamo peggio dei nostri padri e i nostri figli staranno ancora peggio. Possiamo salvarli? Io dico di si! Iniziamo a fare l'opposto di ciò che è stato sino ad oggi, bisogna cambiare tutto!

Stefano Terraglia

giovedì 28 giugno 2018

Link Tax - Il bavaglio alla rete

Un riforma europea imporre ai motori di ricerca e agli aggregatori di news di pagare un compenso agli editori delle testate giornalistiche a cui indirizzano i propri servizi, anche se la news riporta solamente il titolo e sommario del contenuto originale. Di Maio si oppone.

mercoledì 27 giugno 2018

Le nuove classi tutte da classificare

In passato il popolo era classificato in alta borghesia, media borghesia, proletariato, sottoproletariato e così via e su queste diversificazioni gli intellettuali hanno scritto di tutto. Su queste classificazioni la politica ha definito ideali, movimenti, partiti. La lotta di classe ha affermato diritti, definito i rapporti lasciandosi dietro morti, feriti, guerre, dittature e periodi storici controversi, sia in Europa che nel resto del mondo. Il dissenso o l'assenso si materializzavano con il tempo in una risultante di sistema, con tatto di roccaforti conquistate o create in virtù dell'esperienza programmatica. Vengono così definiti gli ideali e quelle morali imprescindibili ed indiscutibili, sorrette dal sistema economico. Un'intera generazione di uomini afferma il cambiamento con la fine della seconda guerra mondiale, la successiva generazione invece vi ha sguazzato dentro, durante la ricostruzione, durante il miracolo economico, durante l'inizio del declino. Ad oggi, le nuove generazioni vivono nell'eco dell'eredità morale e ideologica della generazione precedente che li ha sostanzialmente svuotati di ogni idea contrapponendosi in maniera viscerale verso ogni loro nuovo cambiamento e non ammettendo di aver perduto ogni capacità di partecipazione, facendosi forza a colpi di retoriche. Se qualcosa si sta muovendo il merito è della velocità di gestione della propaganda, che sorpassa nettamente gli sforzi degli anni del giornale quotidiano e del volantino, rendendo immediato il dissenso e successivamente le risposte politiche al merito. Tutto si muove a velocità della luce e considerato che la propaganda e l'informazione è parte integrante della politica ecco che si assiste a vere ondate e terremoti di idee, come lo stato primordiale del pianeta, infiammato da fenomeni di ogni tipo, per poi diventare fiorente e vivibile in un armonico processo naturale. Essere diffidenti verso l'attualità è comprensibile, ma ogni conquista la si fa riformando radicalmente i processi precedenti, quei processi che hanno snaturato il sistema o semplicemente consumato le condizioni ideali.

Stefano Terraglia

martedì 12 giugno 2018

La normativa sul soccorso in mare

Ecco cosa sono le ONG, come si articola la normativa sul soccorso in mare in acque internazionali e il provvedimento del ministro Salvini. Ce lo spiega Faccia di Cubo con questo video molto interessante.